Buonasera, perché sto ultimando il racconto di sera, buongiorno se leggerete di mattina.
Sono stato un pochino indaffarato, sono in ritardo e chiedo perdono: scrivere impegna molto tempo, farlo bene non basta una vita, credo.
Qualcuno mi rimprovera un’eccessiva tristezza. Il racconto di questo giro non lo è per niente. Spero sia pieno di speranze.
“L’amore ai tempi del colera” di Gabo narra di un amore folle che impiega più di cinquant’anni a concretizzarsi.
Questo mio è nato presto, ma per ragioni alterne ha dovuto aspettare anch’esso una esistenza intera.
Cosa voglio dire? Non lo so con precisione. Ci sono sempre dei significati evidenti in quello che diciamo. Ma pure una molteplicità di retropensieri che hanno una vita propria e si palesano da sé.
Forse, anche stavolta è bene affidarmi alla penna del mio Mito, alla chiosa del suo romanzo terribilmente meraviglioso, sperando che anche noi, come il capitano del traghetto su cui Florentino e Fermina realizzano il loro eterno andirivieni del cazzo, possiamo essere presi dalla consapevolezza tardiva che è la vita e non la morte a non avere limiti.
Buona lettura, Pierpaolo.