“Libertà e partecipazione” è la frase che cinquant’ anni fa cantava uno dei più grandi cantautori italiani del 900, Giorgio Gaber.
Questa è la definizione di libertà da cui tutti noi giovani dovremmo iniziare, per prendere consapevolezza del nostro ruolo di futuri cittadini, membri attivi e inseriti totalmente nel nostro tessuto sociale.
Assistiamo sempre più ad un netto rifiuto dei giovani a partecipare attivamente, poiché essi provano ormai un’insofferenza verso il mondo della politica, una lontananza abissale caratterizzata da luoghi comuni (es. I politici sono tutti ladri, i politici pensano solo ai propri interessi ecc.).
Si pensa inoltre di poter vivere la propria vita in totale tranquillità, senza interessarsi a nulla, escludendosi dalla responsabilità politica e dall’ intervento attivo.
Tutto ciò è aggravato da una profonda crisi che ha colpito il nostro sistema politico negli ultimi decenni e che ha portato molti giovani a non riconoscersi più nelle istituzioni che avrebbero dovuto rappresentarli e guidarli. Le prospettive lavorative future sono diventate sempre più difficili e incerti, la disoccupazione è diventata considerevole e ciò ha portato ad un malcontento dilagante che si è tradotto in due risposte differenti da parte dei giovani: la protesta da un lato e il completo distacco e disinteresse dall’ altro.
Proprio quest’ ultima è la tendenza che ha prevalso e porterà moltissimi giovani tra i 18 e 24 anni ad astenersi dal voto alle prossime elezioni politiche di domenica 4 marzo. Un atteggiamento comprensibile, ma biasimabile.
D’ altronde “Quis eustudiet ipsos custides” se proprio noi giovani che dovremmo essere la base da cui dare origine ad un rinascimento radicale, decidiamo di escluderci, rimanendo fuori dai giochi della storia? Negli anni Sessanta Settanta erano moltissimi gli studenti che scendevano in piazza a rivendicare i propri diritti, a difendere i propri ideali, contro il conformismo e la dittatura del pensiero. Erano i valori e gli ideali ad essere in pericolo in quegli anni e i giovani non hanno esitato a combattere strenuamente e rinunciare a tutto pur di difenderli.
Oggi invece questo spirito combattivo si è estinto e i pochi che ancora lo conservano in molti casi non vengono spronati. La politica non si preoccupa di quello che pensano, facendo crescere la distanza che la divide dai giovani. Le colpe quindi di questo disinteresse generale sono equamente ripartite e la strada da percorrere per rimarginare questa spaccatura non è facile.
Uno dei passi più importanti da fare sarebbe innanzitutto recuperare un senso di collettività, che le nuove generazioni hanno perso ormai tempo fa, questo perché, solo capendo il proprio
rapporto con gli altri e il grande contributo che si può dare alla società, si potrà riscoprire il vero senso di fare politica per tutti:
BASTA PROVARCI !!!