Si ringrazia Vincenzo Suma per le foto.
Il 13 giugno di ogni anno é il giorno più solenne per la comunità cegliese perché si festeggia il Santo Patrono, Antonio da Padova. Un Santo che in ogni tempo ha contribuito a tenere lontano dalla nostra Ceglie malattie, carestie e disgrazie. Il Comitato organizzatore della festa, da quest’anno guidato dalle iniziative nuovo parroco della chiesa matrice, don Domenico Carenza, ha predisposto come sempre importanti festeggiamenti. Come avviene da qualche anno la faranno da padrone le luminarie sempre più sfarzose ora anche a sfondo ritmico-musicale e importanti fuochi d’artificio. Il culto per il Santo portoghese nella nostra città ha origini antichissime a conferma della grande devozione e della profonda pietà dei cegliesi per il loro Celeste Patrono, cosi come viene messo in risalto esaminando il Liber Baptizzati et Confirmati dell’anno 1654, documento custodito nell’Archivio della fu Collegiata. Qui si legge della concessione pontificia operata per speciale grazia, «in questa solennità è predisposto l’Ufficio della Messa solenne e l’Ottava in onore del Taumaturgo S. Antonio, Celeste Patrono Principale di Ceglie del Galdo». Dopo Santa Caterina d’Alessandria, nella seconda metà del ‘600 Sant’Antonio da Padova viene eletto Celeste Patrono della nostra città. La data di questo avvenimento è da collocarsi tra il 1694 e i primi anni del nuovo secolo, così come scritto sul volume “Culto e iconografia di S.Antonio di Padova in Ceglie Messapica”, 1996. Anche nella nostra città trovò piena applicazione la riforma di Papa Urbano VIII Barberini che, emanando il Decretum super electione sanctorum in patronos eliminava gli arbitrii che per lungo tempo avevano contraddistinto la scelta dei vari santi patroni non solo cittadini. Con il decreto in questione il Pontefice impose regole più severe per l’elezione dei santi tutori, rendendo obbligatoria l’approvazione pontificia e imponendo un iter particolare che prevedeva il voto ufficiale dell’Ordinario diocesano, del clero secolare, di quello regolare e della popolazione. I primi solenni festeggiamenti si erano svolti a partire dal 1629 quando, il Sindaco e gli eletti dell’Università di Ceglie, con forma appropriata, avevano invitato a celebrare la messa Pontificale il Vescovo di Oria di quel tempo, Mons. Ridolfi.
Nei documenti settecenteschi visionati su questo tema, viene ricordato anche come nacque la consuetudine della consegna delle chiavi al simulacro del Santo: «Quando la processione usci dalla Chiesa Collegiata, il Sindaco Pietro Cavallo inginocchiato ai piedi della statua offri in segno di vassallaggio del popolo di Ceglie, riconoscendolo da quel momento e in perpetuo come principale Patrono e Protettore del paese e in tale occasione presentò quattro chiavi d’argento finemente lavorate, una delle quali ricoperta d’oro. in segno di sudditanza all’eccelso Patrono». L’autorità civile rappresentata dal Sindaco usava far benedire le chiavi della città dall’Arciprete, quale Prima Dignità o, nella vacanza di tale carica, da parte della dignità immediatamente inferiore, il Cantore.
Da allora in poi le chiavi furono legate dai sindaci che si sono succeduti alla mano sinistra della statua del Santo, da parte dei sindaci. Molto anticamente la consegna delle chiavi come simbolo dell’affidamento della cittadinanza alla protezione di Sant’Antonio avveniva nella pubblica piazza dove veniva innalzato il “Tosello”, realizzato in legno e riccamente cesellato. In questo pubblico luogo avveniva l’incontro tra autorità civili e autorità religiose con il simulacro del Santo Patrono. Il rito della consegna delle chiavi, successivamente, non si è più tenuto per molti decenni. E’ stato giustamente reintrodotto soltanto da circa 20 anni, a testimonianza di quanto ancora forte sia il legame dei cegliesi con il loro Patrono.
Ma, prima dell’aspetto formale e civile, i vari parroci hanno guidato il momento religioso, che ha inizio la sera del 31 maggio con l’avvio della Tredicina: nel momento in cui termina la celebrazione di chiusura del mese mariano dedicato alla Madonna, ritornati in chiesa madre la statua settecentesca di Sant’Antonio viene prelevata dalla nicchia in cui è custodita tutto l’anno posizionata in un altare della navata sinistra, per essere condotta processionalmente alla sommità dell’altare maggiore e quindi posta all’interno di un artistico luogo realizzato per l’occasione, dove vi resterà fino al giorno 14 di giugno.
Altra importante cerimonia avviene la mattina del 13 quando alcuni devoti rappresentati da quasi tutti i panifici della città, offrono ai fedeli il salvifico “Pane di Sant’Antonio” che viene distribuito in chiesa nel corso della celebrazione che qui da noi è sempre presieduta dal vescovo di Oria. Questo rito del pane richiama le antiche offerte che fino a qualche decennio lo vedeva offerto casa per casa alle famiglie più povere.
La processione, un tempo regolata da precise disposizioni dettate in maniera dettagliata dal Capitolo per testimoniare ancor di più la vicinanza della cittadinanza al suo Patrono, oggi purtroppo non gode più di quel particolare ordine che sarebbe importante ripristinare dal punto di vista sia storico che devozionale.
La festa ha naturalmente il suo culmine la sera del 13 nei momenti dello sparo dei fuochi pirotecnici (che negli ultimi anni sono stati anticipati alle ore 23.00 circa). L’altare maggiore della chiesa dedicata all’Assunta a Ceglie si presenta riccamente addobbato e sfarzoso di profumi e colori. Per la riuscita di ogni festa patronale che si rispetti e di altre importanti cerimonie laiche o religiose che rappresentano l’intera comunità é naturalmente indispensabile la fattiva collaborazione di tutta la cittadinanza, delle attività commerciali che da questi avvenimenti traggono i maggiori profitti, delle numerose associazioni dislocate sul territorio. L’appuntamento con la festa in onore di Sant’Antonio tradizionalmente apre il ricco calendario civile e religioso che connota l’intera estate cegliese e, anche in questo 2018, rappresenta un momento alto di condivisione comunitaria di quei valori religiosi indispensabili per sentirsi ancora più cegliesi.
Nicola Santoro