Lei gli domandò in quei giorni se era vero, come dicevano le canzoni, che l’amore poteva tutto. “È vero – le rispose lui – ma farai bene a non crederci.”
Questa è la frase simbolica di un libro immenso, non per dimensioni, (è piuttosto piccolino), bensì per contenuti: Dell’amore e di altri demoni, di Gabo, ovviamente. Tra l’altro possiedo un’edizione colombiana – un tesoro inestimabile – regalatami da Martino Gioia – Picculino -, presa da Cartagena de Indias, luogo dove si svolge la storia. Gabo, in una nota prefattiva, racconta come gli è venuta l’ispirazione. Era, ai tempi, cronista de l’Espectador, e fu spettatore di un avvenimento magico. Dalla cripta di un antico monastero abbandonato fu riesumato il cadavere di una bimba che giaceva su di un’infinita corona di capelli fulvi che avevano riempito senza scampo la piccola bara. Gabo fu colto da un’emozione improvvisa e io, una sessantina di anni dopo, da un diluvio irrisolvibile di immaginazioni.
Ok, basta così… grazie per essere qui! Buona lettura!
Pierpaolo